Contrassegnato da un’interpretazione ottimistica di parecchi indicatori economici deteriorati (in particolare negli Stati Uniti), il mese di maggio ha registrato una ripresa degli asset finanziari.
I mercati azionari hanno quindi realizzato un rimbalzo di oltre il 5% rispetto ai minimi del mese quando, allo stesso tempo, la pressione è diminuita sui mercati obbligazionari (il rendimento dei titoli governativi statunitensi a 10 anni è passato dal 3,2% al 2,8%, e quello dei premi per il rischio di credito dal 4,9% al 4,2%).
Con indicatori orientati verso un rallentamento economico più brusco del previsto (mercato immobiliare, indicatori regionali relativi alla congiuntura economica, indici dei responsabili degli acquisti, ecc.), la situazione sui mercati è in effetti cambiata.
In precedenza, gli investitori avevano ritenuto che le Banche Centrali, in primis la Federal Reserve (Fed), fossero più preoccupate delle forti dinamiche inflazionistiche che del deterioramento della congiuntura economica; prevedono ormai un cambio di marcia da parte del Presidente della Fed. Il mercato si aspetta quindi che Jerome Powell opti per un percorso di normalizzazione monetaria meno rigida rispetto a quanto previsto inizialmente, con un numero inferiore di rialzi dei tassi dopo i dati del mese scorso.
Questo rinnovato ottimismo, ampiamente sostenuto da un sentiment di mercato eccessivamente negativo, desta qualche dubbio e invita alla cautela.
In effetti, alcuni prezzi sono in costante aumento, con i rivenditori che non riescono a trasferire in capo ai clienti tutti gli aumenti che stanno subendo, proprio quando anche le famiglie stanno riducendo i consumi. Il ribasso registrato da Walmart il mese scorso sul mercato azionario è indicativo di questa situazione, con un calo di quasi il 20% della quotazione azionaria del colosso statunitense della distribuzione nel periodo. Mentre il picco dell’inflazione sta per essere raggiunto negli Stati Uniti, l’aumento dei prezzi potrebbe ancora proseguire fino all’autunno in Europa.
In questo contesto, non si può escludere un aumento di 50 punti base dei tassi della Banca Centrale Europea, dopo l’avvio dei rialzi dei tassi di riferimento previsto per luglio. Una situazione che, tuttavia, porrà qualche problema date le differenze di orientamenti economici tra i 27 Stati membri, e in merito al finanziamento delle misure di sostegno attraverso il debito.
Pertanto, il “put” delle Banche Centrali pare molto lontano. Non possono più, come in passato, offrire piani di salvataggio e imprimere impulso all’apparato economico in caso di crisi, considerate le pressioni inflazionistiche in atto (rimpatrio delle catene di produzione, transizione energetica, mutamento della struttura del risparmio).
Si tratta di un’effettiva fonte di preoccupazione, poiché molte bolle si sono formate a seguito di misure di sostegno adottate da molti anni a questa parte a livello mondiale. Tuttavia, in termini storici, i rialzi dei tassi di interesse hanno pressoché sistematicamente innescato lo scoppio di bolle speculative e/o di crisi sui mercati.
In questo contesto, abbiamo mantenuto l’orientamento illustrato nei dettagli il mese scorso nelle nostre strategie azionarie. Abbiamo conservato un tasso di esposizione azionaria compreso tra il 5% e il 15% a maggio, con una preferenza per i titoli di qualità e con un profilo difensivo, poiché le dinamiche in termini di utili societari potrebbero indebolirsi in un contesto di rallentamento della crescita e di persistenza dell’inflazione. Ad esempio, abbiamo ridotto l’esposizione al settore bancario a favore dei titoli appartenenti al settore sanitario e a quello dei consumi di base.
Abbiamo inoltre iniziato ad aumentare il posizionamento nei titoli legati all’oro, per fare fronte a un’eventuale accelerazione del rallentamento economico. Questa esposizione potrebbe inoltre fungere da copertura qualora l’economia statunitense dovesse alla fine dimostrarsi maggiormente resiliente, poiché tale prospettiva aumenta la probabilità di normalizzazione monetaria a tappe forzate, e quindi il rischio di crollo dei mercati.
Sui mercati obbligazionari stiamo coprendo quasi tutti i nostri investimenti nel credito contro il rischio idiosincratico (ovvero, un rischio intrinseco a un’azienda o a uno Stato), attraverso strumenti di copertura su indici, che offrono più valore rispetto al rischio sistemico. All’interno dell’universo emergente, privilegiamo le obbligazioni emesse da paesi che traggono vantaggio dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla rilocalizzazione delle catene di approvvigionamento.
Infine, in tale contesto, la liquidità rappresenta ancora una componente sostanziale dei portafogli, finalizzata a permetterci di cogliere le opportunità di investimento che, in un secondo tempo, potrebbero diventare anche driver di performance dei nostri Fondi.
Fonte: Carmignac, Bloomberg, 09/06/2022
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