Dinanzi all’inflazione, audacia e ottimismo!

Data di pubblicazione
23 maggio 2022
Tempo di lettura
4 minuto/i di lettura

Frédéric Leroux, membro del Comitato di Investimento strategico di Carmignac, illustra tre strade da percorrere in Europa per fronteggiare il ritorno dell’inflazione.

L’inflazione resta al centro delle preoccupazioni attuali. Qual è il Suo punto di vista a tale proposito?

Frédéric Leroux: L’inflazione dovrebbe diminuire in modo significativo in Europa a partire dal mese di settembre. Si può quindi prevedere un ritorno rapido e duraturo alla situazione esistente prima della pandemia? Probabilmente no. Dopo essere stato negato, poi minimizzato e infine ritenuto senza futuro, la ripresa dell’aumento dei prezzi è ormai una realtà con cui tutti devono fare i conti, destinata a durare a lungo.

Non esiste nessuna soluzione per fronteggiare questa realtà?

F.L.: La convinzione di poter far regredire l’inflazione senza gravi danni è sicuramente illusoria, considerate le pressioni strutturali che la stanno alimentando (fattori demografici meno positivi per risparmi e investimenti, commercio globale che ha raggiunto la soglia massima, transizione energetica…). A fronte di questo nuovo contesto che si sta delineando, nostro malgrado, tre strade meriterebbero di essere percorse in Europa: aumento delle retribuzioni reali (ovvero remunerazioni corrette in base all’inflazione), reindustrializzazione per ridurre la dipendenza energetica e quella industriale dell’Europa, e conciliazione tra etica economica ed efficienza economica.

Per iniziare, bisognerebbe quindi aumentare i redditi…

F.L.: Negli Stati Uniti, i salari sono mediamente in aumento del 6%, mentre pare che l’inflazione sia destinata a registrare un rallentamento dopo aver raggiunto l’8,5%. Questo rallentamento atteso dell’aumento dei prezzi consente di prevedere una crescita auspicabile dei salari reali oltreoceano, dove il dipendente tornerà a essere in posizione favorevole in termini di negoziazioni contrattuali.

E in Europa?

F.L.: In Europa i salari sono aumentati solo dell’1,5 %, mentre i prezzi sono aumentati di quasi il 7,5%. Sebbene questo divario sia parzialmente colmato da vari tipi di aiuti (buoni energia, “sconti alla pompa”, in primis buoni per generi alimentari per i meno fortunati), queste soluzioni possono solo essere temporanee. Pesano sui conti pubblici, aumentano la dipendenza delle famiglie dallo Stato e impediscono gli adeguamenti che ne deriverebbero mascherando la realtà dei prezzi.

Cosa si rischia in una tale situazione?

F.L.: Se in governi non adottano misure che consentano alle famiglie di ridurre almeno in parte il divario tra la crescita dei loro redditi e l’inflazione, il rischio è evidente: i popoli europei inizieranno a protestare nelle piazze.

È quindi urgente intervenire…

F.L.: In via preventiva, i governi dovrebbero rapidamente prendere in mano la situazione, agevolando gli aumenti delle retribuzioni da parte delle imprese e cambiando il loro approccio economico degli ultimi anni, basato sulla stabilità dei prezzi. Non adottare un atteggiamento diverso ci condannerebbe a una profonda recessione, con il forte rischio di non raggiungere la stabilizzazione duratura dei prezzi e di aumentare il debito. Una tripla complicazione!

Ha accennato a una reindustrializzazione dell’Europa.…

F.L.: Bisogna che L’Europa affronti le proprie dipendenze, industriale, militare ed energetica che le successivi crisi, sanitaria e ucraina, hanno bruscamente messo in luce. Questa esigenza, rappresenta un’opportunità per reindustrializzare i paesi europei, ove necessario. La Francia è un candidato papabile, tanto più che il suo apparato nucleare le attribuisce un importante vantaggio competitivo, soprattutto se sarà più moderno e all’avanguardia. Pretendere di diventare o di restare una nazione industriale senza avere il controllo del proprio approvvigionamento energetico non è più un’opzione.

Quali sarebbero i vantaggi di questa reindustrializzazione?

F.L.: I posti di lavoro nel settore industriale sono ben retribuiti, grazie alle qualifiche richieste e alla crescente produttività delle aziende industriali. I lavori saltuari nelle attività dei servizi, come la consegna a domicilio, hanno innegabilmente dei pregi ma mostrano anche i loro limiti. La reindustrializzazione potrebbe anche essere un motivo per reindirizzare i risparmi delle famiglie verso asset i cui interessi sono in linea con quelli dello Stato, poiché potenzialmente redditizi anche in periodi di inflazione.

Anche l’azionariato dei dipendenti non potrebbe essere una strada da percorrere?

F.L.: Incentivare allo stesso tempo la partecipazione dei dipendenti ai risultati delle loro aziende, grazie a meccanismi che integrino un minimo di incentivazione e di tutela, costituirebbe un mezzo, complementare e virtuoso, per indicizzare i redditi all’inflazione. Diverse grandi aziende hanno appena annunciato nuovi programmi volti a promuovere l’azionariato dei dipendenti.

Per quanto riguarda la terza strada da percorrere, come conciliare etica ed efficienza economica?

F.L.: Questa terza strada è complementare delle altre due. Occorre inoltre ritrovare uno spirito economico, che ci rammenti che il desiderio di un’economia più morale non può allontanarci a lungo dal concetto di realtà. A tal proposito, sono in gioco fattori geopolitici e vincoli energetici.

Ovvero?

F.L.: La disponibilità di energia risponde a fattori fisici che non si possono ignorare. Il contesto attuale mostra chiaramente che il ritmo scelto per la transizione energetica è troppo rapido, che contribuisce all’inflazione e che crea un rischio di mancata corresponsione tra offerta e domanda di energia. Se il concetto di realtà tornasse a essere alla base delle decisioni politiche ed economiche “a maggior impatto”, il periodo attuale potrebbe diventare propizio, con un po’ di fantasia e di audacia, all’inizio di una fase di prosperità più ampiamente condivisa.

Come dei nuovi “trent’anni gloriosi”?

F.L.: Il periodo che sta iniziando può infatti presentare qualche analogia con i cari “trent’anni gloriosi” che sono intercorsi tra il 1950 e il 1980: contesto tendenzialmente inflazionistico, ricostruzione attraverso la reindustrializzazione, sostegno al ceto medio che consenta di promuovere dinamiche economiche positive …

Quali potrebbero essere le ripercussioni di tutto ciò per gli investitori?

F.L.: Il ritorno dell’inflazione avrà ripercussioni significative sulla gestione patrimoniale. Questo ritorno potrebbe anche preannunciare quello di un’economia contrassegnata da cicli di aumento e di calo del PIL (Prodotto Interno Lordo), dopo una parentesi di dodici anni. Un simile contesto favorisce l’alternanza in termini di performance dei vari asset finanziari (azioni e obbligazioni, dollaro e oro, ecc.), riportando la gestione attiva all’antico splendore attraverso la possibilità che avrà di identificare rapidamente le inversioni di tendenza del ciclo economico.

Cos’è la gestione attiva?

La gestione attiva consiste nell’investire in asset finanziari (azioni, obbligazioni, valute, ecc.), selezionando quelli in grado di generare performance migliori rispetto agli altri e investendo nel momento giusto. Al contrario, la gestione passiva mira a replicare un indice azionario.

Fontes: Carmignac, Bloomberg, 17/05/2022

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