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Viaggio in territori inesplorati

Data di pubblicazione
8 luglio 2020
Tempo di lettura
7 minuto/i di lettura

Gli investitori sono abituati a gestire l’incertezza, che è la vera essenza dei mercati, animati da aspettative sempre ipotetiche sul futuro. Tuttavia, gli ultimi sei mesi hanno spinto questa incertezza in luoghi completamente nuovi sotto molti punti di vista. Piuttosto che averne paura, riteniamo possibile analizzarla in modo razionale, valutandone quindi la portata. È proprio su questo che si basa la gestione dei rischi.

Accenno alla logica dei mercati

[Article image] [CN] Uncharted territory

Le dinamiche generali dei mercati finanziari dall’inizio dell’anno non dovrebbero più essere attualmente soggette a controversie: l’orientamento dei mercati azionari si è in un primo tempo conformato all’intensità straordinaria dello shock economico, conseguente alle misure di contenimento della pandemia di Covid-19, e successivamente alla mobilitazione senza precedenti di governi e Banche Centrali.

L’andamento dei mercati in questo momento è alimentato dalla stessa logica in essere da dieci anni

I governi si sono accollati gran parte delle difficoltà finanziarie dirette del settore privato al costo di un ulteriore aumento dei disavanzi pubblici, mentre le Banche Centrali si sono adoperate per creare la quantità di denaro necessaria a finanziare l’impennata dei tassi di indebitamento, pubblici e privati. Non mancano le incertezze dopo questo tour de force, e la percezione di un’eccessiva decorrelazione tra economia reale e mercati finanziari rende molti investitori giustamente diffidenti. Tuttavia, l’andamento dei mercati nell’immediato futuro non dovrebbe riservare sorprese. Si alimenta della stessa logica in essere da dieci anni basata su tre argomentazioni principali:

1) la debolezza della domanda reale dei consumatori in economie fragili rafforza le pressioni deflazionistiche strutturali, escludendo quindi qualsiasi rischio di aumento dei prezzi al consumo. Di conseguenza, l’unica inflazione in grado di alimentare l’immissione straordinaria di liquidità da parte delle Banche Centrali è quella del prezzo degli asset finanziari.

2) L’evidente predominanza delle incertezze mantiene le Banche Centrali in stato di allerta e alimenta la fiducia nel loro pronto intervento in caso di necessità.

3) Lo scetticismo diffuso degli investitori evita di per sé la creazione di quella che sarebbe una bolla pericolosamente speculativa, come accaduto in periodi di eccessiva fiducia. Attualmente il posizionamento degli investitori resta complessivamente cauto, il che rappresenta un fattore di sostegno per i mercati.

Tuttavia, questa incertezza ciclica, che i mercati hanno imparato a controllare così bene, nasconde oggi la comparsa di altre incertezze molto più profonde, che non riteniamo eccessivamente prematuro includere nella nostra analisi, non potendo escluderle a priori.

L’incognita sanitaria

La prima grande incertezza è ovviamente di natura sanitaria: il continuo persistere della pandemia, in particolare negli Stati Uniti e in alcuni paesi emergenti, e persino la sua eventuale ripresa a livello globale (attualmente non si sa nulla riguardo a possibili nuove ondate, finché il virus non verrà sradicato) rappresentano un contesto totalmente inedito. Probabilmente non è mai accaduto che un virus fosse oggetto di così tanti studi a livello mondiale, eppure non si sa ancora se e quando sarà possibile produrre un vaccino. La sua rapida scoperta e successivamente la produzione di massa imprimerebbero sicuramente un impulso positivo alla fiducia dei consumatori.

Interi settori economici dovranno adattarsi a cambiamenti ormai destinati a perdurare

Tuttavia, anche se il genio umano dovesse riuscire a sviluppare in tempi brevi una contromisura efficace contro il pericolo di infezione, riteniamo che interi settori economici dovranno adattarsi a cambiamenti ormai destinati a perdurare in termini di modalità di lavoro, comunicazione, informazione, divertimento e consumi da parte delle persone. L’adattamento a questi mutamenti radicali potrebbe innescare pressioni recessive significative in alcuni settori (pensiamo immediatamente ai media tradizionali, ai trasporti, alle attività ricreative di massa) e innescare invece un’accelerazione degli utili in altri (decollo del tasso di adozione del commercio online, drastico cambiamento del modo in cui i contenuti multimediali vengono prodotti e consumati, ecc.).

Questi fenomeni potrebbero invece innescare onde d’urto turbolente anche in altri settori come quello immobiliare, in particolare commerciale. Queste considerazioni si rispecchiano già nei posizionamenti settoriali e tematici dei nostri Fondi, e continueranno ad alimentare le nostre analisi nei prossimi mesi.

L’incognita economica

La seconda grande incertezza è legata alle implicazioni derivanti da enormi disavanzi di bilancio, che aumentano i tassi di indebitamento in un contesto di crescita economica estremamente precaria. Il rischio morale sta raggiungendo livelli massimi senza precedenti (se è sufficiente stampare denaro per finanziare i disavanzi, allora « tutto è permesso » avrebbe detto Ivan Karamazov). Lo scenario di riferimento attualmente preso in considerazione dai mercati è che l’economia mondiale sia oggi impegnata in una “giapponesizzazione” generalizzata, caratterizzata principalmente da crescita nominale molto bassa accompagnata da livelli stratosferici di indebitamento, combinazione resa possibile grazie a tassi di risparmio molto elevati e bilanci delle Banche Centrali sovraccarichi di debito pubblico (e presto privato). L’ipotesi di mantenere tassi d’interesse molto bassi, presupposto fondamentale per la sostenibilità di un simile sistema, è resa credibile dal divario produttivo storico (“ l’output gap”) tra il livello di attività attuale molto indebolito dalla crisi, e quello che prevarrebbe se l’economia avesse raggiunto il proprio livello potenziale, divario che elimina qualsiasi rischio di inflazione indotta dalla domanda su un orizzonte temporale prevedibile.

Il crollo economico all’inizio dell’anno genera tuttavia un altro fenomeno di entità senza precedenti, in un momento che non è così banale: lo straordinario ritorno dello Stato sociale indotto dalle circostanze giunge in un momento in cui stavano iniziando a manifestarsi le prime avvisaglie di rimessa in discussione di un sistema economico liberista globalizzato, nato negli anni ’80. Non solo i demoni del protezionismo sono tornati a farsi sentire, ma anche l’opinione pubblica, in particolare negli Stati Uniti, si sta sempre più ribellando di fronte alla constatazione che da decenni una buona parte della popolazione non beneficia di redditi sufficienti per accantonare risparmi a titolo precauzionale, mentre invece il mercato azionario è tornato ai massimi livelli. L’aumento delle disuguaglianze, alimentato dall’incremento soltanto degli asset finanziari e non dei salari, è diventato fonte di rivolta sociale di portata crescente che, in occasione delle prossime elezioni presidenziali statunitensi a novembre, potrebbe sostenere l’ascesa non più del populismo liberista, già rivelatosi deludente, bensì di un presunto interventismo volto a rafforzare il settore pubblico e a ridistribuire la produzione di ricchezza in modo molto più ampio.

L’appello di qualcuno a favore di un ritorno al rigore finanziario (minoranza repubblicana negli Stati Uniti, paesi del Nord Europa), a seguito dell’enorme scostamento delle finanze pubbliche nella maggior parte dei principali paesi, si contrappone alla realtà di un equilibrio economicamente disastroso e socialmente ingiusto delle politiche di austerità. La pressione sociale e il prevedibile aumento dei casi di fallimento delle imprese nei prossimi mesi potrebbero continuare a costringere le autorità a interventi sempre maggiori, a discapito di disavanzi di bilancio che le Banche Centrali dovranno inevitabilmente monetizzare. Questa pressione non è certamente priva di effetti virtuosi: rappresenta quindi già il driver di una coesione dell’Unione Europea, a cui la Germania ha dovuto convertirsi di fronte all’evidenza che nessun paese è in grado di affrontare da solo l’importante sfida di salvaguardare la crescita, in un contesto globale indebolitosi in modo significativo. Allo stesso tempo potrebbe anche eliminare molte delle riserve che ostacolavano il finanziamento di importanti piani di investimento, in particolare in un settore fondamentale: la salvaguardia ambientale. La necessità impellente dell’integrazione europea e l’avvento su larga scala dell’investimento responsabile rappresentano quindi tematiche rafforzate dagli eventi, e che abbiamo integrato nelle costruzioni del portafoglio.

Tuttavia, su un orizzonte temporale difficilmente prevedibile al momento, il limite di questa pratica rischia di essere imposto dalla fiducia che le valute, così generosamente erogate, riusciranno ancora a inspirare negli investitori. Nel gioco a somma zero rappresentato dalla competizione tra valute, sarebbe oggi troppo audace annunciare già il vincitore, dal momento che ogni giorno il dollaro presenta sempre meno le qualità storiche di valuta rifugio. Riteniamo che ciò che debba essere gestito sia quindi il rischio di una sfiducia più generalizzata nei confronti delle principali valute. Manteniamo pertanto un rischio valutario molto ridotto all’interno dei portafogli, e le nostre posizioni nei titoli auriferi costituiscono la soluzione al rischio di scenario estremo delle valute cartacee. Inoltre, qualora l’inversione di tendenza del contesto economico si combinasse con la percezione di un concomitante mutamento del contesto di inflazione, benché oggi possa sembrare un evento lontano, allora il prezzo dell’oro potrebbe solo migliorare per effetto del crollo dei tassi reali.

Come per qualsiasi grande trauma questa crisi sanitaria, trasformatasi in crisi economica, è estremamente indicativa di punti di debolezza. Mette in luce il valore e l’esigenza di una solida gestione dei rischi. Per molti aspetti, agisce inoltre come un significativo acceleratore della storia. In tale accelerazione, le aziende che si sono adattate meglio a queste nuove dinamiche si troveranno in posizione di maggiore vantaggio. La sfida per i prossimi mesi sarà quella di riuscire a destreggiarsi attraverso le aspettative di instabilità dei mercati, focalizzandosi sulle aziende vincenti del futuro.

Fonte: Carmignac, Bloomberg, 30/06/2020

Strategia di investimento
Azioni

Il settore tecnologico, e più in generale i titoli cosiddetti a crescita secolare, continua a guidare il mercato azionario, sostenendo la performance dei nostri Fondi azionari ampiamente esposti a questo tipo di aziende. La crisi del Covid-19 ha posto l’accento sulla capacità delle società, in particolare quelle legate alla digitalizzazione, di non dipendere dall’andamento della crescita globale per il proseguimento del proprio sviluppo, determinando così un premio per la crescita. Inoltre, la struttura dei margini conferisce loro una certa flessibilità indispensabile in questo periodo, dal momento che sono in grado di aumentare rapidamente il volume delle loro attività senza avere comunque bisogno di un apporto aggiuntivo di capitale – oppure al contrario, di rivederli al ribasso senza dover sostenere costi fissi eccessivamente elevati.

Un altro fattore importante che ha caratterizzato le ultime settimane è stato il rimbalzo significativo del mercato azionario europeo. Questa performance è giustificata dalla risposta adeguata e coordinata fornita dalla Commissione Europea, dalla Banca Centrale e dai governi, che ha consentito di offrire visibilità all’interno dell’area. In questo contesto, abbiamo quindi aumentato l’esposizione attraverso aziende cicliche di qualità e posizioni in strumenti derivati su indici bancari.

Alla vigilia dell’inizio della stagione degli utili del secondo trimestre, i mercati paiono avere già scontato alcune delle notizie negative. Sin da ora la nostra attenzione si focalizza sul 2021, caratterizzato da aspettative che riteniamo elevate (quasi analoghe a quelle del 2019). La situazione ci induce a essere prudenti nell’ambito della selezione titoli, nonché nella costruzione del portafoglio.

Nel mese di giugno il credito e i titoli governativi non core dell’Eurozona hanno registrato un ottimo andamento. In Europa le autorità monetarie e fiscali paiono mostrarsi all’altezza della sfida che devono fronteggiare, con l’avvio di una risposta adeguata e simultanea attraverso misure di stimolo annunciate da un numero crescente di Stati e da una Banca Centrale Europea molto attiva. Al momento, i mercati obbligazionari si trovano quindi a fronteggiare due forze contrapposte, che ci inducono a bilanciare i portafogli: da un lato la prospettiva di un contesto deflazionistico caratterizzato da un numero maggiore di casi di insolvenza, oggi rinviato ma non evitato, e dall’altro il rischio di reflazione, sostenuto dagli interventi senza precedenti delle Banche Centrali e dei governi. Di conseguenza siamo esposti in modo selettivo agli asset rischiosi, in particolare sul mercato del credito e nel debito sovrano dell’Italia. Questi ultimi sono controbilanciati da liquidità e da un portafoglio azionario in grado di mantenere una buona tenuta in un contesto di scarsa crescita.

L’Italia beneficia di un contesto più favorevole. Innanzitutto, l’aumento del piano PEPP consente ormai alla BCE di assorbire tutte le emissioni governative nette entro la fine dell’anno. In secondo luogo, l’arbitraggio offerto alle banche, che consente loro di finanziarsi a un tasso pari a -1% attraverso i TLTRO, le spingerà a investire a tassi superiori nelle obbligazioni sovrane. Infine, l’inevitabile istituzione di un fondo per la ripresa su scala europea. Tali misure dovrebbero complessivamente portare a una maggiore normalizzazione degli spread italiani.

Nell’ambito delle obbligazioni corporate, il portafoglio è incentrato su tre tematiche: le scadenze a breve termine prevalentemente in titoli di rating “investment grade”, le obbligazioni appartenenti al settore bancario, e le società eccessivamente penalizzate dalla crisi del Covid-19. Infine, all’interno dell’universo emergente preferiamo evitare l’esposizione indiscriminata a questa asset class nell’attesa di maggiore visibilità sul trend del dollaro, e preferiamo focalizzarci su alcune opportunità molto specifiche (Romania, Messico).

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