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Non demordere!

Aprile 2020

Data di pubblicazione
2 aprile 2020
Tempo di lettura
4 minuto/i di lettura

Un mese fa, la nostra chiave di lettura della situazione sui mercati avrebbe potuto essere sintetizzata in base ai quattro seguenti aspetti:

  • Questa crisi rappresenta effettivamente un “cigno nero”, nel senso di evento imprevedibile a impatto smisurato;
  • I paesi occidentali rischiano di sottovalutare la velocità esponenziale dell’epidemia;
  • I governi dovranno adottare misure a titolo precauzionale, con un effetto devastante sull’attività economica;
  • I mercati sono indeboliti da dieci anni di sovvenzioni delle Banche Centrali.

Ovviamente, con il senno di poi avremmo potuto essere ancora più drastici nell’elaborazione della nostra analisi, ma questa diagnosi ci ha chiaramente aiutati a iniziare il mese di marzo con estrema cautela.

A breve termine, l’allentamento monetario illimitato e il piano di sostegno fiscale degli Stati Uniti ci hanno consentito di liquidare una parte delle coperture, a condizioni favorevoli. Tuttavia, queste decisioni non convenzionali sono risultate fondamentali, e non si può attualmente affermare che il vulcano sia spento, il che giustifica il mantenimento di un atteggiamento cauto.

Lo scopo di questo commento è continuare ad analizzare in prospettiva strategica questo periodo senza precedenti, al fine di cercare di prevederne le estensioni e le implicazioni.

La prima fase della crisi sta volgendo al termine

Come illustrato il mese scorso, sia il personale medico, i politici e i mercati hanno tutti inizialmente impiegato troppo tempo per valutare correttamente la portata dell’evento. Ciò è dovuto a diversi preconcetti psicologici ben noti.

In primo luogo, un preconcetto di schema mentale, per cui si è tentato di collegare un fenomeno nuovo a un’esperienza passata, come l’influenza stagionale o la SARS (in altre parole la difficoltà a riconoscere il cigno nero), o si è negato l’andamento esponenziale dell’epidemia (un aumento giornaliero del 27% equivale a un raddoppio ogni tre giorni). Il ritardo a livello di reazione indotto da questo preconcetto mentale è risultato devastante nel 2008, e lo è stato ancora in questa occasione.

Successivamente si è instaurato un preconcetto cosiddetto di intergruppo, per cui si sono sottovalutate le interconnessioni a livello globale (la Cina è un paese distante, l’Italia è un caso isolato…).

Infine, una forma mentis gregaria ha indotto moltissimi investitori a aderire al palliativo indolore delle tendenze, anche se fittizie. La rapidità della correzione sui mercati azionari dall’inizio dell’anno, mediamente tra il 20% e il 30%, rispecchia indubbiamente una seria presa di coscienza. Tuttavia, quantificare in modo attendibile lo shock economico nel breve periodo e a lungo termine è ancora molto difficile, poiché nessun modello convenzionale è veramente in grado di misurare l’impatto effettivo del contenimento del 40% della popolazione mondiale, senza limiti di tempo.

Di conseguenza, riteniamo plausibile che per il momento i mercati restino soggetti a forti movimenti di instabilità, prima di poter prevedere l’andamento della fase successiva con una certa visibilità.

Come sarà l’immediato post crisi?

Bisogna sempre stare attenti a non focalizzare troppo la propria attenzione sull’altra riva del fiume, quando tutte le correnti che ci separano dalla riva non sono state ancora superate in sicurezza. Tuttavia, non è inutile, in quanto investitori, iniziare a pensare all’altra riva.

In primo luogo, non finiremo mai di rammentare che la crisi si è manifestata in un contesto finanziario di importanza significativa: le Banche Centrali erano in procinto di esaurire le contromisure, e i loro interventi non hanno consentito alle economie avanzate di tornare a registrare i tassi di crescita antecedenti il 2008.

Da alcuni giorni, le stesse Banche Centrali si stanno impegnando senza limitazioni per cercare di ripristinare il normale funzionamento dei mercati del debito, pubblici e privati. Ad oggi, questa scommessa pare ben avviata anche se non ancora completamente vinta. In ogni caso, l’aspetto fondamentale è che le Banche Centrali non potranno più pretendere di essere i driver di qualsivoglia ripresa economica.

Sta quindi iniziando una nuova era, dove toccherà questa volta ai governi garantire gran parte dello sforzo volto a stimolare la ripresa. Tuttavia, si manifesterà in tempi brevi la problematica del debito, che non potrà essere finanziato né tassando maggiormente il settore privato né potrà essere ridotto attraverso tagli alla spesa pubblica, politicamente inaccettabili. Di conseguenza, pare si stia delineando uno scenario di riferimento incentrato su squilibri di bilancio significativi e duraturi, che indurranno irreparabilmente le Banche Centrali ad assumere il ruolo di acquirenti di debito pubblico, in questo caso di prima istanza, al fine di mantenere i costi di finanziamento a livelli sostenibili.

Va notato che il cambiamento di contesto orientato ad un aumento dei disavanzi di bilancio, ma finanziati direttamente dalle Banche Centrali a tassi molto bassi, potrebbe:

(1) Risultare molto complicato in caso di ripresa delle aspettative di inflazione; (2) Generare instabilità monetaria, o addirittura sfiducia nei confronti della cartamoneta.

L’immediato post crisi, conseguente all’enorme shock di fiducia subìto, potrebbe essere anche caratterizzato da comportamenti più cauti:

  • Le persone aumenteranno il proprio tasso di risparmio;
  • I governi manifesteranno l’intenzione di delocalizzare la produzione di beni “strategici”;
  • Le aziende rinunceranno parzialmente alle catene di approvvigionamento “just-in-time”;
  • Gli investitori riscopriranno i vantaggi dei margini di sicurezza in materia di assunzione dei rischi.

Riteniamo che questa prospettiva non favorisca una ripresa dell’attività economica globale con un andamento grafico a “V”, una volta superata la crisi sanitaria (ipotesi apparentemente confermata dai primi dati economici provenienti dalla Cina).

Per i risparmiatori, potrebbe forse apparire come la fine del miracolo della gestione passiva, e farà invece riscoprire i meriti della gestione attiva, qualora in grado di gestire i rischi di mercato e di selezionare le società capaci di distinguersi sul lungo periodo.

Cosa fare?

L’instabilità dei mercati, che prevediamo sia destinata a proseguire a breve termine, ci induce a:

(1) Applicare strategie di copertura dei rischi a tutte le asset class, anche se con una gestione tattica attiva; (2) Continuare a investire nelle società legate alle tematiche della transizione digitale, altrettanto diversificate come ad esempio la distribuzione, compresa quella alimentare, la sanità o i divertimenti, in particolare il cloud gaming; (3) Mantenere gli investimenti in Cina, il cui tessuto economico interno rappresenta un territorio di investimento privilegiato; (4) Cogliere selezionate opportunità nelle obbligazioni corporate.

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Esattamente come l’ammirevole dedizione del personale medico e di quello infermieristico e il rigore individuale riusciranno, nonostante condizioni estremamente difficili, a sconfiggere l’epidemia, nel nostro ruolo di gestori patrimoniali non dobbiamo rinunciare a concentrarci sulla gestione dei rischi e sulle convinzioni a lungo termine per salvaguardare nel miglior modo possibile gli interessi dei clienti risparmiatori.

Fonte: Carmignac, Bloomberg, 31/03/2020

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