Carmignac’s Note
Si prevede una graduale inversione di tendenza sul fronte macroeconomico e dell’inflazione, che determinerà un cambiamento di contesto sui mercati obbligazionari e azionari, a sostegno del previsto calo dei tassi di interesse.
L’analisi in termini relativi dell’andamento dei rendimenti obbligazionari e dell’inflazione in un contesto inflazionistico strutturale ci insegna che i tassi di interesse impiegano del tempo prima di allinearsi alle fasi di disinflazione transitoria (si veda la nostra Note di settembre). L’inflazione è oltretutto in calo da oltre un anno negli Stati Uniti (è passata dal 9% al 3%) mentre allo stesso tempo i rendimenti decennali statunitensi hanno continuato ad aumentare dallo scorso aprile (dal 3,25% al 5%). Tuttavia, dopo il picco registrato il 23 ottobre, hanno perso fino a 50 punti base1. Possiamo quindi ritenere che i tassi abbiano finalmente assunto un trend al ribasso, e analizzare poi le possibili ripercussioni di questa inversione di tendenza sui mercati azionari nei prossimi mesi?
Gli ultimi dati relativi al mercato del lavoro e alle previsioni sull’attività manifatturiera sembrano avere accelerato l’avvio dell’inversione di tendenza dei tassi a lungo termine, (tanto attesa in quanto l’avevamo “identificata” troppo prematuramente nella nostra Note di settembre!). L’indice ISM manifatturiero, ampiamente tenuto in considerazione dalla comunità finanziaria per misurare l’orientamento futuro dell’attività industriale negli Stati Uniti, ha registrato un sorprendente calo delle sue componenti relative a occupazione e nuovi ordini. Allo stesso tempo, la creazione effettiva di posti di lavoro sta registrando una crescita più debole del previsto e le retribuzioni orarie evidenziano un rallentamento in termini di crescita. Poiché il punto di forza dell’economia statunitense è il mercato del lavoro, i primi segnali di indebolimento hanno avuto un impatto significativo, tale da modificare gradualmente la posizione ostile della Banca Centrale statunitense nei confronti dell’inflazione, nonostante la smentita da parte di quest’ultima. È molto probabile che se questa tendenza venisse confermata il mese prossimo, lo scenario di un rallentamento economico assumerebbe finalmente maggiore credibilità. Una situazione che consentirebbe ai tassi di interesse a lungo termine di allinearsi alla disinflazione degli ultimi dodici mesi. La resilienza dell’occupazione negli Stati Uniti, dovuta essenzialmente al sostegno della politica fiscale indotta dal Covid e al divario tra capacità di lavoro disponibile e offerta di lavoro, potrebbe quindi venire meno. La normalizzazione economica sarebbe quindi in atto e si rafforzerebbe la prospettiva di un rallentamento temporaneamente disinflazionistico. Dal canto suo, la nostra analisi economica interna prevede un rallentamento e una disinflazione molto graduali.
Queste inversioni di tendenza dovrebbero rivelarsi sufficientemente significative da determinare un cambiamento di contesto sui mercati obbligazionari e azionari rispetto agli ultimi tre mesi, caratterizzati da un continuo calo delle quotazioni obbligazionarie dopo già due anni di trend al ribasso, e da una correzione dei mercati azionari dove soltanto le società quotate più solide potevano essere risparmiate dalla prospettiva di un rallentamento economico associato all’aumento dei tassi di interesse obbligazionari. Pertanto, i “magnifici sette”, come vengono chiamate negli Stati Uniti, hanno saputo distinguersi: Apple, Microsoft, Google, Amazon, Meta, Nvidia e Tesla, che da sole rappresentano quasi il 30% della capitalizzazione dell’indice statunitense SP5002, hanno mediamente quasi raddoppiato il loro apprezzamento nell’anno, quando il resto del mercato si è trovato in difficoltà.
Tuttavia, ora che i tassi di interesse sono in calo, si creeranno molte alternative di investimento sui mercati azionari quando l’arresto del rallentamento dell’attività economica sarà una certezza anche per questi mercati. Molti settori e aziende considerati meno resilienti hanno registrato performance azionarie nettamente negative, che rappresenteranno comunque opportunità di profitto che gli investitori audaci non mancheranno di cogliere e alimentare. Tra queste opportunità figurano i titoli tecnologici non redditizi, per i quali l’impatto dell’aumento dei tassi sull’attualizzazione degli utili futuri è stato devastante, le società indebitate, i titoli immobiliari che potranno tirare un respiro di sollievo. Anche le aziende small cap potrebbero temporaneamente smettere di sottoperformare rispetto alle società a maggiore capitalizzazione. Analogamente, anche i paesi emergenti potrebbero riacquistare un po’ di smalto rispetto alle economie avanzate, in caso di indebolimento del dollaro.
Sembra quindi possibile che il trend al rialzo possa estendersi oltre i “magnifici sette” e i titoli farmaceutici attivi nella cura contro l’obesità, anche se il calo dei tassi che si sta delineando dovrebbe continuare a sostenere le valutazioni di questi importanti titoli growth dai meriti innegabili. Una tale concentrazione di investimenti su un numero di aziende così ridotto richiede una certa cautela, e in quest’ottica la diversificazione è la prima contromisura da adottare. Pertanto, se il contesto lo consentisse, perché privarsene? Il ritorno del ciclo economico richiede mobilità.