Performance di Carmignac Patrimoine
nel 3° trimestre del 2022 per la quota A EUR
Volatilità a 1 anno del Fondo
rispetto a +8,6% dell’indice di riferimento
Nel periodo, Carmignac Patrimoine ha registrato una performance pari a -1,04%, in linea con l’indice di riferimento1 (-0,81%).
(1)Indice di riferimento : 40% MSCI AC WORLD (USD, Dividendi netti reinvestiti) + 40% ICE BofA Global Government Index (USD, Reinvestimento delle cedole) + 20% ESTER capitalizzato. Indice ribilanciato trimestralmente.
Le performance passate non sono un'indicazione delle performance future.Le performance sono calcolate al netto delle spese (escluse eventuali commissioni di ingresso applicate dal distributore).
Ad oggi, il contesto macroeconomico globale è peggiorato rispetto a quanto non fosse all’inizio del trimestre. A livello mondiale, una percentuale crescente di economie è in procinto di registrare una contrazione, poiché l’inflazione sta iniziando a esercitare pressioni sui margini e sul potere di acquisto, mentre l’inasprimento delle condizioni finanziarie sta penalizzando la domanda.
Il peggioramento delle prospettive di crescita ha innanzitutto indotto i mercati a scontare un ritorno alle politiche accomodanti prima del previsto, con un conseguente brusco rimbalzo degli asset rischiosi e un calo generalizzato dei tassi di interesse core, molto probabilmente sostenuto dal posizionamento estremo degli investitori. Tuttavia le Banche Centrali, tra cui in primis la Federal Reserve, hanno mantenuto la loro posizione restrittiva, ribandendo l’intenzione di far diminuire l’inflazione “a qualunque costo”. La Cina resta un’eccezione, e sta mantenendo politiche accomodanti per sostenere il rallentamento della crescita, aggravato dalla “politica zero Covid” in atto.
Il forte inasprimento monetario da parte delle Banche Centrali e la disillusione dei mercati hanno suscitato il caos, con alcuni movimenti tra asset class caratterizzati da maggiore volatilità. Il rendimento dell’obbligazione decennale statunitense è calato di 1 punto percentuale al 2,5%, prima di registrare una forte ripresa attestandosi al 4% nel resto del periodo. I rendimenti delle obbligazioni britanniche sono aumentati di quasi il 3%. L’indice MSCI World ha registrato un rally del 20% rispetto al livello minimo, con una successiva correzione al 16% rispetto ai massimi di agosto. I prezzi del petrolio sono aumentati di 10 dollari, prima di perdere dai 20 ai 90 dollari a barile. Infine, il dollaro ha registrato un rally del 9% rispetto a un paniere di valute.
Abbiamo attuato una strategia coerente per tutto il trimestre, che ci ha consentito di ridurre in modo significativo la volatilità della strategia nel periodo, in linea con il nostro mandato Patrimoine.
Tra i fattori che hanno contribuito positivamente alla performance figurano:
l’esposizione limitata ai mercati azionari (15% in media), attraverso posizioni corte sugli indici, che ha dato buoni risultati poiché nel periodo i mercati sono risultati volatili ma in calo;
i nostri asset russi, in portafoglio già da prima della guerra, che si sono apprezzati poiché le banche europee hanno seguito l’esempio di quelle statunitensi, e ad agosto hanno ripreso a negoziare le obbligazioni russe. Siamo intenzionati a liquidare i restanti titoli russi presenti nei portafogli, non appena le condizioni di mercato lo consentiranno poiché salvaguardare gli interessi dei nostri clienti resta il nostro obiettivo principale.
Tra i fattori che hanno contribuito negativamente alla performance figurano:
l’esposizione all’oro, avviata per gestire il rischio di un’ulteriore escalation geopolitica, che ha risentito dell’aumento dei tassi di interesse reali e dell’apprezzamento del dollaro. Riteniamo che il contesto di stagflazione previsto avrà un impatto positivo sull’oro;
le esposizioni al segmento lungo della curva tedesca e di quella statunitense, avviate per gestire il rischio di stagflazione, dopo il rally registrato dai tassi di interesse nel secondo trimestre, che sono state penalizzate dalla brusca inversione di tendenza del mercato ad agosto;
i titoli azionari cinesi in portafoglio, poiché in Cina le politiche accomodanti hanno avuto difficoltà a concretizzarsi, e il paese ha continuato a essere paralizzato dalle misure contro il Covid. Continuiamo a nutrire fiducia nel fatto che l’allentamento delle restrizioni sanitarie e un mix di politiche positive alla fine imprimeranno un forte impulso all’economia reale.
Le Banche Centrali di tutti i paesi sviluppati hanno costantemente ribadito di essere intenzionate a mantenere politiche monetarie restrittive per ridurre l’inflazione, anche se ciò dovesse determinare una recessione. Le conseguenze di queste politiche monetarie restrittive non sono ancora pienamente integrate nei prezzi degli asset, e ciò ha indotto Carmignac Patrimoine a mantenere una struttura di portafoglio molto prudente.
Nell’economia trainata dai consumi degli Stati Uniti, il rimbalzo dei salari reali e il basso tasso di disoccupazione sul mercato del lavoro dovrebbero scongiurare una recessione a breve termine. Tuttavia, prevediamo un ampliamento e un peggioramento della contrazione degli utili (già in atto nel settore delle PMI), oltre a un crollo degli investimenti. Inoltre, la Fed dovrà far aumentare il tasso di disoccupazione per tenere l’inflazione sotto controllo. Prevediamo quindi una recessione dei profitti, che innescherà una recessione economica verso la metà del 2023.
In Europa, la recessione potrebbe manifestarsi già alla fine del 2022, a causa dello shock energetico. La gravità della recessione dipenderà dalle misure fiscali e dalla loro entità, ammesso che vi sia margine per una manovra fiscale. In effetti, il potenziale in termini di sostegno fiscale non è distribuito in modo uniforme nell’Eurozona, e rischia di essere in qualche modo controbilanciato dai “bond vigilantes” o dalla posizione restrittiva della BCE, che deve contrastare l’impatto inflazionistico dei prezzi dell’energia, e il conseguente rischio di pressioni inflazionistiche persistenti oltre che il calo del tasso di cambio effettivo dell’euro.
Sui mercati azionari, si è già registrata una forte contrazione dei multipli, con il multiplo Forward S&P 500 che si attesta ormai a 15,6x, in calo rispetto a 22x all’inizio dell’anno. Tuttavia, diversi fattori ci inducono a ritenere che i mercati azionari potrebbero registrare un’ulteriore flessione. Benché negli ultimi mesi gli analisti abbiano leggermente ridotto le loro stime sugli utili, eccessivamente ottimistiche, sono ancora molto lontani dal riconoscere la probabile minaccia di una recessione. Inoltre, il livello dei tassi di interesse reali a lungo termine (in rialzo di 100 pb quest’anno), il ritmo del ciclo di rialzo dei tassi (il più rapido in assoluto), l’apprezzamento del dollaro USA, e gli effetti negativi sconosciuti dell’accelerazione della normalizzazione monetaria, continuano a indurci a essere prudenti. Il mantra TINA (There Is No Alternative) sui mercati azionari rischia di essere messo sempre più in discussione, dato il livello dei rendimenti a breve termine, sia in termini reali che nominali.
Questo contesto giustifica sia un’esposizione azionaria ridotta (pari a circa l’8%), sia un’esposizione più bassa ai titoli azionari con multipli elevati. Continuiamo a privilegiare le società appartenenti ai settori resilienti alla recessione, compresi quelli healthcare e dei beni di largo consumo. Privilegiamo inoltre tematiche importanti, come nel caso dei software e del cloud computing, e aziende favorite dall’inflazione come quelle appartenenti al settore dell’energia e dei materiali. Benché il settore energetico sia ciclico, riteniamo che la ripresa della domanda e la contrazione dell’offerta possano innescare un ciclo pluriennale di investimenti in conto capitale da parte delle compagnie petrolifere.
I mercati obbligazionari continuano a essere dipendenti dalle politiche monetarie, ma questa tendenza dovrebbe attenuarsi nel 2023 dato che la gran parte dei rialzi dei tassi di interesse è già stata scontata nelle quotazioni. Infatti, al momento i mercati stanno scontando un livello massimo, pari a circa il 4,5%, del tasso terminale dei Fed Fund (al 29.09.2022).
Negli Stati Uniti, le probabilità di recessione sono in aumento, poiché la resistenza dell’inflazione core dovrebbe indurre la Fed a mantenere una politica monetaria molto restrittiva. Di conseguenza, stiamo gradualmente costituendo una posizione sul segmento lungo della curva. In Europa, non siamo esposti ai tassi di interesse, poiché il moltiplicarsi delle politiche fiscali in tutto il continente sta esercitando pressioni al rialzo sui tassi di interesse a lungo termine.
Nell’ambito del credito, benché gli investitori siano già ben remunerati in termini di rendimento, dato l’attuale rischio di default, la combinazione tra crescita lenta, inflazione elevata, forte volatilità dei tassi di interesse e timori per le interruzioni delle forniture di gas, dovrebbe continuare a penalizzare i mercati del credito, nonostante le valutazioni siano sempre più interessanti. Pertanto, manteniamo un livello significativo di coperture sul credito (13%) per coprire i nostri investimenti (20%). Deteniamo inoltre obbligazioni CLO (collateralized loan obligation) in misura pari al 6%, in virtù della loro struttura a tasso variabile garantita da prestiti investment grade (BBB), che offrono sia un carry trade interessante che una certa protezione contro l’aumento dei tassi di interesse.
Infine, sul fronte valutario, i movimenti sul mercato dei cambi sono ampiamente dipendenti dalla Fed, poiché poche Banche Centrali saranno in grado di emulare la Fed nel suo percorso di aumento dei tassi di interesse. Tutti hanno problemi di inflazione, ma la soglia del dolore è più alta negli Stati Uniti che altrove, e pertanto manteniamo un’esposizione significativa al dollaro USA (50%).
*Scala di Rischio del KID (documento contenente le informazioni chiave). Il rischio 1 non significa che l'investimento sia privo di rischio. Questo indicatore può evolvere nel tempo. **Il Regolamento SFDR (Regolamento sull’informativa di sostenibilità dei mercati finanziari) 2019/2088 è un regolamento europeo che impone agli asset manager di classificare i propri fondi in tre categorie: Articolo 8: fondi che promuovono le caratteristiche ambientali e sociali, Articolo 9 che perseguono l'investimento sostenibile con obiettivi misurabili o Articolo 6 che non hanno necessariamente un obiettivo di sostenibilità. Per ulteriori informazioni consultare: https://eur-lex.europa.eu/eli/reg/2019/2088/oj?locale=it.
Carmignac Patrimoine | 8.8 | 0.7 | 3.9 | 0.1 | -11.3 | 10.5 | 12.4 | -0.9 | -9.4 | 2.2 |
Indice di riferimento | 16.0 | 8.4 | 8.1 | 1.5 | -0.1 | 18.2 | 5.2 | 13.3 | -10.3 | 7.7 |
Carmignac Patrimoine | - 0.6 % | + 2.3 % | + 1.4 % |
Indice di riferimento | + 2.9 % | + 5.3 % | + 6.3 % |
Fonte: Carmignac al 29 nov 2024.
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