Carmignac

Nuovo contesto, nuove tematiche di investimento

  • Autore/i
    Frédéric Leroux
  • Data di pubblicazione
  • Lunghezza
    3 minuto/i di lettura

Con la fine di un anno e l’inizio di un altro, è il momento giusto per condividere con voi le nostre considerazioni di investitori riguardo alle prospettive del 2023.

Come rammentato più volte negli ultimi trimestri, il ritorno del ciclo economico, reso possibile da quello dell’inflazione, ci impone, in qualità di investitori, di adattare i nostri strumenti alla nuova situazione economica mondiale, per la quale in diverse occasioni abbiamo avuto modo di illustrare i motivi che a nostro avviso la renderanno maggiormente caratterizzata da un’inflazione prolungata nel tempo. Un contesto demografico globale meno sobrio nei paesi maggiormente influenti in termini economici, la forte probabilità di una diminuzione della quota del commercio internazionale all’interno del PIL globale nei prossimi anni, la scelta di realizzare la transizione energetica in tempi rapidi, la fine della Pax Americana, e il rifiuto dell’impatto del peggioramento economico, rappresentano tutti fattori strutturali che aumentano le probabilità di resilienza dell’inflazione a livello globale e di tassi di interesse nominali tendenzialmente più alti. Questa view ci induce gradualmente a orientare i nostri investimenti a favore di tematiche in grado di sovraperformare nel tempo in un contesto inflazionistico, pur tenendo conto della ciclicità economica di breve periodo, capace, ad esempio, di innescare una fase di disinflazione significativa nei prossimi trimestri. Il ritorno del ciclo economico richiede da parte dell’investitore sia una visione che un’attitudine alla gestione proattiva.

La nostra gestione obbligazionaria, dopo aver subìto l’impatto negativo della guerra in Ucraina, si è focalizzata sul miglioramento delle performance, con l’implementazione di una gestione fermamente attiva, che tiene conto della prospettiva di aumento dei rendimenti obbligazionari e che approfitta dell’estrema sfiducia degli investitori nei confronti dei titoli del debito privato, i cui rendimenti scontano un rischio di default troppo alto rispetto alla nostra valutazione dei fondamentali economici. Questa visione fondamentale sconta una soglia ridotta di resistenza al peggioramento del contesto economico, che implica un sostegno finanziario significativo parallelamente all’inasprimento monetario in atto, e quindi tassi obbligazionari reali che, a nostro avviso, torneranno presto in negativo. L’equilibrio economico che intravediamo a medio termine è alla base di un indebolimento del dollaro in concomitanza con il prossimo rimbalzo del ciclo economico, il che aumenterà l’attrattiva del debito dei paesi emergenti, dove le Banche Centrali saranno più libere di adottare politiche monetarie meno restrittive.

Sul fronte azionario, la prospettiva del ritorno di ondate di inflazione ci ha indotti a prendere in considerazione temi di investimento che negli ultimi anni erano passati in secondo piano. Pertanto, consapevoli del contributo apportato dalla transizione energetica alle attuali pressioni inflazionistiche, ci è parso che questa transizione non potesse avvenire efficacemente senza la collaborazione dei principali produttori di combustibili fossili, che sono operatori importanti in questa transizione e figurano tra i maggiori investitori nelle energie rinnovabili. Il pragmatismo ci spinge quindi a operare in modo proficuo con questi “transitioner”, nel momento in cui questi ultimi si impegnano fermamente ad adottare un approccio a favore delle nuove fonti energetiche. Queste grandi aziende, spesso criticate, offrono valutazioni interessanti e presentano dinamiche in linea con gli obiettivi del nostro approccio ESG (ambientale, sociale e di governance). La nostra missione di investitori ci spinge a combinare in modo proficuo la responsabilità finanziaria con gli obiettivi ambientali.

In modo diverso, ma in linea con la stessa logica controcorrente, siamo tornati a prendere in considerazione il mercato azionario giapponese. Trascurato dagli investitori esteri da diversi anni a questa parte, incapace di realizzare il potenziale azionario dei titoli giapponesi sottovalutati in base a tutti gli standard di misurazione del valore, questo mercato attende solo un catalizzatore per esprimere tale potenziale. È probabile che l’inversione di tendenza della politica monetaria giapponese, che potrebbe essere imposta da un’inflazione anch’essa resiliente, possa paradossalmente costituirne il catalizzatore. Infatti, l’aumento dei tassi di interesse giapponesi potrebbe contribuire all’apprezzamento dello yen sul lungo periodo, alimentando il forte interesse degli investitori esteri, scoraggiati dall’indebolimento della valuta giapponese negli ultimi dodici anni. In questo contesto, riteniamo che le banche giapponesi rappresentino un buon modo per tornare a investire in Giappone nell’ambito di un’allocazione globale.

Un’altra area di interesse per i nostri investimenti azionari riguarda il settore industriale, la “old economy” rivisitata in chiave moderna. La volontà di riportare le produzioni strategiche nei paesi di provenienza, dopo aver scoperto gli aspetti negativi legati alla dipendenza da paesi esteri lontani a seguito del Covid, e le trasformazioni legate alla volontà di sviluppare nuove fonti energetiche in tempi più rapidi, creano opportunità a lungo termine nel settore industriale, che intendiamo rafforzare prima del prossimo rimbalzo del ciclo economico. L’Europa ci offrirà molte opportunità nell’ambito di questa tematica. Riteniamo che combinare il rilancio di interi settori dell’attività industriale con i concetti di market timing, per ottenere il massimo dalla nuova ciclicità economica, rappresenti un approccio efficace per adeguarsi al meglio al nuovo contesto economico internazionale.

Il ritorno del ciclo economico in uno scenario tendenzialmente più inflazionistico sta ridefinendo i giochi sui mercati finanziari. Le società e i settori sottovalutati, a causa di un lungo periodo di crescita lenta e di scarsa volatilità, si sono sviluppati all’ombra di buoni titoli growth, fino a quando non sono stati dimenticati. Saranno loro, dopo il rallentamento disinflazionistico in atto, a uscire vincenti dalla prossima fase al rialzo del ciclo economico, che allo stesso tempo creerà buone opportunità per quelle gestioni in grado di assumere un’esposizione negativa all’aumento dei tassi di interesse, e positiva nei confronti dei paesi emergenti. Il ritorno del ciclo economico, che accelera la velocità di rotazione tra temi di investimento e asset class, giustifica il ritorno in primo piano delle gestioni attive globali e flessibili al centro dei portafogli di asset finanziari.